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Grande successo della mostra Dans le noir. Charles Doudelet e il simbolismo a Livorno, alla Pinacoteca di Collesalvetti

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Resterà aperta fino al 20 gennaio 2022 la mostra Dans le noir. Charles Doudelet e il simbolismo a Livorno, allestita alla Pinacoteca Comunale Carlo Servolini e promossa da Comune di Collesalvetti, Fondazione Livorno, Fondazione Livorno – Arte e Cultura, con il Patrocinio del Ministero della Cultura, dell’Ambasciata del Belgio a Roma e della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per le Province di Pisa e di Livorno, in collaborazione con la Società Teosofica Italiana, in occasione del 160° anniversario della nascita di Charles Doudelet (Lille, 8 febbraio 1861Gand, 7 gennaio 1938).

La mostra è visitabile tutti i giovedì ore 15.30-18.30 su prenotazione e, a seguito delle richieste pervenute, sono state organizzate già due aperture straordinarie (l’ultima domenica 7 novembre 2021, ore 16.00/18.00).

Curata da Francesca Cagianelli e presieduta da un autorevole comitato scientifico sta presentando, con un’impostazione innovativa, uno dei più prestigiosi protagonisti del simbolismo belga, Charles Doudelet, presente con 20 capolavori inediti e a confronto con una compagine di giovani Livornesi interpreti dell’identità simbolista labronica.

Grazie al contributo di Gio Batta Bertonati, fratello di Emilio Bertonati, gallerista, critico d’arte, pittore e incisore, di cui si celebra quest’anno il 40° dalla scomparsa, è approdato in Pinacoteca un prezioso nucleo di disegni che consente di ridisegnare i contorni di una stagione artistica internazionale nella Livorno primonovecentesca.

Nel bel catalogo dell’editore Pacini, alcuni artisti finora definiti postmacchiaioli, come in particolare Gino Romiti, di cui si festeggia quest’anno il 140° dalla nascita, ma anche altri protagonisti del sodalizio nato nello storico Caffè Bardi, come Renato Natali e Gastone Razzaguta, traggono dal confronto con Doudelet, l’ispirazione per un rinnovamento stilistico in linea con il simbolismo internazionale.

Gabriele Gabrielli, Mario Pieri-Nerli, Raoul Dal Molin Ferenzona, Irma Pavone Grotta, sono altri interpreti di questo inedito percorso dedicato al Simbolismo livornese, tra i quali spicca Benvenuto Benvenuti (anche lui celebrato oggi nel 140°dalla nascita) amico fraterno e vicino di casa di Doudelet.

Parallelamente al percorso espositivo è stata predisposta una sezione documentaria ricca di preziose rarità bibliografiche.

Realizzata grazie alla partecipazione di Gio Batta Bertonati, fratello di Emilio Bertonati, gallerista, critico d’arte, pittore e incisore (Levanto, 20 febbraio 1934 – Milano, 4 maggio 1981), di cui si celebra quest’anno il 40° dalla scomparsa, ha permesso di far approdare in Pinacoteca un nucleo di disegni talmente preziosi da consentire di ritessere un ulteriore ragionamento storiografico in merito alla straordinaria personalità dell’artista belga, strategico rispetto alla fioritura di una stagione internazionale nella Livorno primonovecentesca.

La mostra è presieduta da un Comitato Scientifico costituito da Francesca Cagianelli, Conservatrice della Pinacoteca Comunale Carlo Servolini; Maurice Culot, architetto, urbanista e editore belga, Presidente del Gruppo Internazionale di Architettura Arcas; Dario Matteoni, storico dell’arte, Direttore dell’Accademia di Belle Arti, “Alma Artis, Pisa; Andrea Muzzi, storico dell’arte, già Direttore Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per le province di Pisa e Livorno, William Pesson, architetto e storico francese dell’architettura, socio del Gruppo Internazionale di Architettura Arcas; Silvia Vallini, Funzionario del Ministero degli Esteri.

Se, da una parte, inaugura un nuovo capitolo della storia dell’arte del territorio, destinato a catalizzare l’attenzione di un pubblico nazionale e internazionale su alcune vicende artistiche del primo Novecento livornese ancora in larga parte oscure, dall’altra rilancia l’identità simbolista di alcuni artisti finora ascritti nell’alveo di un orientamento genericamente postmacchiaiolo, quali in particolare Gino Romiti, di cui si festeggia quest’anno il 140° dalla nascita, e candidato, proprio in quest’occasione, ad assurgere a decano del Simbolismo livornese.

Si celebra quindi, con la mostra colligiana, un’opportunità significativa per il decorso della storia dell’arte del Novecento in Toscana, rispetto alla possibilità di tracciare nuovi percorsi di un più aggiornato e complesso panorama artistico, all’interno del quale alcuni protagonisti del sodalizio afferente allo storico Caffè Bardi traggono dal dialogo e dalla familiarità intrapresi con Doudelet, le ragioni profonde di un rinnovamento stilistico in linea con il simbolismo internazionale.

Basti pensare a due campioni tra i più popolari della compagine cittadina, quali Renato Natali e Gastone Razzaguta, partecipi dapprima delle temperie rivoluzionaria del Caffè Bardi e quindi del più confortevole e tradizionale alveo del Gruppo Labronico, presentati nella mostra colligiana come i massimi interpreti delle tendenze rosacrociane a Livorno, con riferimento all’indirizzo delinquenziale e, per così dire, ‘malavitoso’, immortalato da Natali nel ciclo litografico del 1911 e da Razzaguta nelle celebri Risse presentate tra il 1914 e il 1915 alle esposizioni degli Amatori e Cultori di Roma e alla Permanente di Milano.

Scorrono d’altra parte nell’intrigante sezione intitolata al Simbolismo livornese, oltre agli illustri nominativi di Romiti, Natali e Razzaguta, identità assai meno conclamate e, solo apparentemente, minori rispetto al gotha della pittura labronica finora tradizionalmente celebrata, basti pensare a Gabriele Gabrielli e Mario Pieri-Nerli, i due outsider del Caffè Bardi precocemente scomparsi, diversamente intenti alla trascrizione di luttuose allegorie, ma anche quel Raoul Dal Molin Ferenzona, eccentrico e cosmopolita pendolare tra Firenze e Livorno, che già all’alba del Novecento diventa tramite e garanzia della lievitazione sul nostro territorio di un gusto internazionale, vibrante di mode occultistiche e informato delle dilaganti teorie rosacrociane.

Senza contare la presenza eccezionale di una coltissima xilografa labronica, formatasi non a caso nell’orbita ferenzoniana, quella Irma Pavone Grotta che, grazie anche alla lezione di Luigi Servolini e alla proiezione verso certi capisaldi della grafica internazionale, in primis Félix Bracquemond, traduceva in aggiornate e convincenti prove xilografiche pulsioni misteriosofiche e fermenti esoterici metabolizzati in ambito cittadino.

Ma soprattutto domina, nell’inedito percorso dedicato al Simbolismo livornese, l’amico fraterno di Doudelet, quel Benvenuto Benvenuti che, residente nel villino antignanese contiguo alla leggendaria villa Medusa abitata dall’artista belga, doveva stringere con quest’ultimo un sodalizio quasi sacerdotale, scandito da occasioni di eccezionale potenziale storiografico: in primis la monografia Ciò che penso dell’arte di Benvenuto Benvenuti, pubblicato a cura delle Arti Grafiche S. Belforte & C. di Livorno 1923, il cui manoscritto, datato Roma, 25 gennaio 1923, fu ristampato in facsimile nel 1946: si tratta della rarità bibliografica Ce que je pense de l’art de Benvenuto Benvenuti (Édition publiée à Lucques dans l’imprimerie A. Lippi, sous la protection de l’Epée de l’Archange S.T Michel, Édition numérotée de 104 exemplaires, 1946), esposta nell’attuale mostra.

Sorta di profilo storico-critico concepito nei termini di una dichiarazione di estetica misteriosofica, questo caposaldo editoriale accompagna emblematicamente la valorizzazione e la storicizzazione del nucleo di progetti architettonici concepiti da Benvenuti tra il 1906 e il 1911, riflessioni cosmogoniche sulla Città del Sogno, tessute su eleganti e aggiornate suggestioni Art Nouveau, ma motivate da istanze esoteriche in linea con le tendenze dell’architettura visionaria internazionale.

Parallelamente al percorso espositivo è stata predisposta una sezione documentaria ricca di novità e di suggestioni, oltre che di preziose rarità bibliografiche; basti pensare all’introvabile esemplare della monografia di Charles Doudelet a firma di Ermanno Viezzoli (Trieste, Tipografia Moderna S.A., 1944), conservata presso Fondazione Livorno (Donazione Famiglia Argentieri); così come all’esplosivo Polpettone di Gastone Razzaguta (Archivio Razzaguta), florilegio inedito di trascrizioni dai testi più famosi delle religioni antiche e moderne, la cui data post quem potrebbe rinvenirsi nella citazione tratta dalla serie dei fascicoli di “UR” (1927-1928), diretta da Julius Evola; o, ancora, alla raffinata edizione de La Cerchia Paradisiaca. Celebrazione di Lucca, Orazione tenuta alla cittadinanza nel salone del Palazzo Guinigi l’11 Decembre 1921, l’anno del VI centenario di Dante di Aleardo Kutufà D’Atene (In Lucca, presso la Coop. Tip. Edit. Lucchese, A.D. MCMXXII), testimonianza pressoché inedita del sodalizio instaurato dall’autore con Raoul Dal Molin Ferenzona.

Collateralmente alla mostra, la Pinacoteca Comunale Carlo Servolini lancia un Calendario Autunnale dal titolo “Oltre il velo di Iside”, promosso dal Comune di Collesalvetti, ideato e curato da Francesca Cagianelli, dedicato alle problematiche della circuitazione dell’esoterismo tra la Toscana e l’Europa, denso di sorprese e di rivelazioni.

 

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